lunedì 6 luglio 2009

Quanto segue avveniva nella giornata di ieri, domenica 05 luglio 2009 sulla spiaggia di una imprecisata loclaità balneare italiana.
Il contenuto della narrazione non è granchè edificante, ma alcuni punti sono fondamentali per la comprensione della psiche umana, specie riguardo alle modalità con le quali un singolo individuo si rapporta alla massa e come la massa agisce sul singolo individuo o su piccoli gruppi.

Due ragazzi e tre ragazze, tutti tra i 20 e i 26 anni arrivarono in spiaggia sul tardo pomeriggio. Abbandonarono le loro biciclette a ridosso degli scogli e salirono sul camminatoio. Li si sedettero, le gambe a penzoloni poichè tra il camminatoio e l'acqua correva una sottile striscia di sabbia bagnata dalle onde.
Iniziò un certo frastuono, essendo il gruppo decisamente rumoroso. Si poterono udire battute e pseudo battute tipiche dei maschi in cerca disperata di attenzione femminile dopo lungo periodo di magra.
Le "prede" in effetti non erano certo delle Venere di Botticelli, ma quando la fame è tanta e l'astinenza pure.. come si dice "basta che respiri".
Nell'aria si poteva percepire chiaramente quanto uno strato di densa nebbia, l'aspettativa.
Era evidente che i maschi del gruppo avevano fiutato la possibilità (in quel momento probabilmente del 50%) di "beccare del buono" entro sera.. le femmine in effetti erano sciocchine quel tanto da far capire che una certa disponibilità non era da scartare.
Uno dei baldi giovani, quello che probabilmente costituiva la mente pensante (sempre che di mente si possa parlare) scese dal camminamento e percorse i due metri di sabbia e roccia fino ad arrivare all'acqua del mare. L'altro (quello che invece rappresentava il braccio esecutore o il fornitore di ispirazioni per i commenti del primo), un piccolo e scuro rappresentante della razza umana maschile, sfoggiando una criniera ricciuta probabilmente non lavata da eoni, si avvicinò anche lui all'acqua e partì una Babele di commenti del tipo:
"Oh, ma guarda che colore ha l'acqua.. è GIALLA! Mi ricorda qualcosa..."
e risatine delle femmine.
Poi ancora:
"Ah, io non mi fido mica ad entrarci...con quel colore strano..."
E via di seguito; battutine continue, a raffica, in spiccato accento bolognese e una più triste dell'altra. Le risatine femminili incorniciavano la situazione rendendola ancora più patetica.
Lo gnomo ricciuto, all'affermazione del suo amico pensante:
"Guarda! C'è un granchio!"
si tolse le ciabatte, le immerse nell'acqua, chiudendole una sull'altra e ne sollevò uno spaventato granchio delle dimensioni del palmo di una mano.
Portato sul camminatoio ne fece bella mostra davanti alle elettrizzate femmine.
Pensante e gnomo ricciuto iniziarono una serie di battute del tipo:
"Oh guarda.. io vorrei sapere cos'è quell'enorme schifosa bolla che ha in bocca!"
"Ma guarda, gli manca un chela.. ah eccola, è rimasta attaccata alla ciabatta ahahah"
Seguivano risolini e affermazioni di stupore e divertimento; imitazioni corporali dei movimenti del granchio, che sottratto improvvisamente al suo ambiente naturale, continuava a cercare di fuggire. La fuga gli veniva ovviamente impedita dal maschio pensante che con le ciabatte (mai con le mani, ed è un peccato; esser pavido di fronte ad un granchio non giova all'immagine..) lo bloccava o sospingeva.
Il gruppo di persone adulte continuò a dilettarsi col giocattolo di turno in atteggiamenti che dovrebbero semmai essere tipici di un bambino di 3 anni.
Ora, si può certamente dire che quel che un bambino di tre anni fa, di bene o di male, lo fa a titolo di curiosità, di scoperta, poichè ancora gli deve essere insegnato cosa significa scoprire con empatia...
Ma la curiosità non fa parte dell'atteggiamento di un maschio adulto che cerca disperatamente di pavoneggiarsi attingendo alle risorse del luogo in cui si trova; esso infatti finisce per agire sotto il totale controllo degli ormoni, che obnubliano le funzioni cerebrali (le poche che la natura gli ha fornito) fino a renderle decisamente inferiori appunto a quelle di un granchio.
Alcune delle ragazze, dopo qualche minuto di giochini sempre più pesanti, intonarono un debole e stentoreo:
"Dai, rimettilo in acqua.. ti prego.."
E questa frase poteva essere indicativa di gruppo male assortito poichè in genere nei gruppi di ragazze vi sono le api regine e gli scarti e difficilmente uno scarto si oppone all'ape regina. Il commento poteva esser partito da uno scarto in un impeto di coraggio, oppure da un'ape regina in vena di fare la sentimentale solo per attirare l'attenzione. In ambo i casi il tutto costituisce uno spettacolo molto triste, specie nel primo caso, in quanto indicante una chiara mancanza di coraggio e di individualità nonchè di autostima di fronte al gruppo. Pochi in realtà riescono ad opporsi al gruppo, specie in giovane età poichè ciò significa si distinguersi e crescere come individuo, ma anche ritrovarsi soli.

Ma torniamo alla cronaca: circa dieci minuti più tardi pareva che finalmente il triste spettacolo avesse fine e che la povera creatura fosse riportata in acqua quando invece lo gnomo criccone ebbe la stratosferica e geniale idea di metterlo in un bicchierino di plastica e sistemare il tutto in acqua, creando l'allucinante immagine di un granchio naufrago in balia della marea. Se le onde, pietosamente, non avessero risospinto il bicchierino verso la riva al granchio sarebbe toccata la fine dell'arso vivo, pur galleggiando sull'elemento vitale che lo avrebbe potuto salvare. Uno scherzo davvero macabro; una fine inutilmente crudele.
Per la seconda volta parve che il gioco fosse finito e il bicchierino venne rovesciato in acqua dal ricciuto zozzone la cui voce ancora non si era udita e che si presume, col senno di poi, che non avesse il dono della favella.
Ma un'ultima spiacevole sorpresa aspettava il povero animale perchè essendo lui, evidentemente l'unico argomento di conversazione disponibile all'interno del gruppo, venne nuovamente ripescato da impietose ciabatte e riportato sulla sabbia, dove iniziò una specie di balletto gnomo-granchio con cigliegina sulla torta: le immancabili risate generali.

La cosa era andata avanti un pò troppo e sarebbe finita male (per il granchio).
Rabbia si alzò e si diresse fino al granchio, camminando impassibile in mezzo al gruppo. Si chinò, prese il granchio tra le mani, si avvicinò di qualche passo al bagnasciuga e con un leggero movimento verso l'alto ed in avanti, lo fece cadere a qualche metro dalla riva, dove, essendo l'acqua molto più profonda, non poteva essere ripescato.
Si voltò e senza guardare nessuno ritornò da dove era venuta, pulendosi le mani dalla sabbia sul costume.
Vi fu un iniziale sbigottimento generale al quale seguì quella che avrebbe dovuto essere una battuta intelligente e spiritosa dell'uomo pensante, giacchè era l'unico ad aver dono della favella. Egli disse:
"Che gesto!!"
in tono falsamente ammirato.
Ma il fatto che guardasse verso il mare e non dritto in faccia a Rabbia; il fatto che avesse capito al volo di che tipo gesto si trattasse (animalista); il fatto che il tono fosse più dimesso e le risatine molto più stentoree; tutto questo parlava chiaramente di qualcuno che aveva subito una umiliazione e, peggio ancora, che era stato svergognato di fronte all'oggetto del suo desiderio, vale a dire le femmine.
A peggiorare la sua pessima figura, che forse gli avrebbe compromesso la conquista, vi fu la risposta di Rabbia:
"Il primo gesto intelligente da un quarto d'ora a questa parte".
Avrebbe dovuto bastare, ma se anche la faccia non era più salvabile, almeno l'ultima parola doveva averla lui. E così, cadendo ancora più in basso borbottò, in tono falsamente divertito e pateticamente profetico:
"Eeeehhh, salveranno il mondo!!"
Rabbia non rispose e pensò che sicuramente nessuno poteva salvare il mondo finchè in giro circolavano individui del genere.
Rimase sdraiata pensando con una certa soddisfazione che probabilmente lei era stata l'unica a raccogliere il "pericoloso crostaceo" a mani nude e che era stata l'unica ad infrangere il debole ma apparentemente indistruttibile vetro che separa un gruppo dal mondo circostante, a spezzare l'autorità. Rabbia sapeva che un gesto del genere nei confronti di quello che si credeva un maschio alfa, sicuramente non era stato ben digerito e si trastullò al pensiero..
Andarsene da li sarebbe stato molto più facile per Rabbia, ma rimanere significava imporre la propria presenza, anche in silenzio, perchè essa era palpabile e il colpo inferto decisamente duro.
Per oltre 15 minuti non si parlò d'altro nel gruppo, in toni sommessi e falsamente divertiti, quasi il gesto di Rabbia fosse stato paragonabile allo scatto d'ira di uno schizofrenico.
Poi forse il gruppetto comprese che era meglio seppellire l'argomento perchè proprio non faceva ridere, anzi, disturbava il clima di corteggiamento. Era meglio dimenticare subito e non compromettere la serata.
Fu allora che Rabbia raccolse le sue cose e se ne andò.
E se ne andò ben sapendo che certi episodi, sebbene possano esser seppelliti apparentemente, lasciano addosso uno strato di appiccicoso disagio e un'eco di delusione, per molto tempo...

In realtà questo episodio non ha nulla di straordinario, anzi, rappresenta la classica, stereotipata situazione in cui un gruppo si forma e interagisce.
Dimostra come all'interno del gruppo vi siano persone che giocano al comando, servendosi di fedeli scudieri, e persone che restano a guardare, dilettandosi nella consapevolezza di trovarsi al centro dell'attenzione e di essere oggetto di desiderio, oppure nascondendosi nel silenzio, troppo spaventate per azzardarsi a metter piede fuori dall' "area protetta".
Talvolta da simili circostanze ne esce qualche carattere forte. Sbagliando, osservando, imparando qualcuno riuscirà a diventare un individuo nell'accezione più completa del termine. Saprà uscire dal guscio, scoprire se stesso quel tanto che basta per autoriconoscersi come essere esistente aldifuori di confini di gruppo. Potrà riconoscere come suoi taluni pensieri e come sue talune opinioni e imparerà ad esporle ed imporle se necessario, senza timore dell'opinione altrui, per quanto autoritaria possa essere.
Ma la maggior parte di loro.. beh, resterà nel proprio piccolo, racchiuso, stagnante angolo di mare, a cacciare spasmodicamente il proprio granchio. Nessuna evoluzione, nessuna scala da salire, nessun progresso delle emozioni o delle aspirazioni o della consapevolezza.
Forse è il percorso più facile.
Ma è infinitamente triste.

martedì 23 giugno 2009

23 giugno 2009

Spesso ci si ritrova ad ascoltare la vecchia e vetusta frase "Più conosco gli esseri umani, più amo le bestie". L'abitudine all'udire queste sacrosante parole fa si che esse vengano puntualmente sottovalutate, che si sorrida al pensiero che probabilmente possano davvero esistere esseri umani talmente inetti da poter preferir loro le bestie.
Il problema è però reale poichè di questi esseri umani ne esistono ed il loro numero è talmente elevato da poterci popolare tre quarti del nostro pianeta.

A riguardo di ciò di cui voglio scrivere oggi, vi sono anche altri detti altrettanto controversi come quello che pressappoco cita: "nulla vale quanto i legami di sangue" e che tende sottolineare come la famiglia sia il bene più prezioso della vita.
Non che io non sia d'accordo. Lo sono, eccome. Ma lo sono solo fino al limite della staccionata e il punto dolente è il legame di sangue.
Forse i figli adottati non sono altrettanto importanti quanto quelli generati da un fortunato (o inconsapevolmente sfigato) spermatozoo e da un ovulo di una coppia regolarmente fidanzata o sposata?
O dovremmo forse considerare assolutamente fondamentali i legami di sangue anche in quei casi in cui i padri biologici molestano, seviziano, i propri figli o addirittura abusano di loro?
A conti fatti potrei proseguire all'infinito, ma la sostanza resta sempre quella che spicca quanto un fulmine nella notte.
La vera famiglia non è quella del sangue; la vera famiglia è quella che scegliamo in questa vita.. è costituita da coloro che noi eleggiamo a persone amate, dai figli naturali o non, da tutti coloro a cui doniamo la nostra fiducia e la nostra stima poichè l'hanno meritata.
Famiglia siamo noi stessi, mai davvero soli: il posto in cui scegliamo di vivere, gli animali che amiamo e le piante che custodiamo nel nostro giardino o balcone; ciò che costruiamo con le nostre mani o creiamo con la nostra mente. Famiglia è sentirsi bene con se stessi ovunque, consapevoli della nostra autostima.

Da qualche parte ho letto o sentito la frase: "i figli non ci appartengono; essi vengono a noi affidati perchè li possiamo amare, crescere ed accompagnare verso l'indipendenza". Mi trovo in completa sintonia con questa affermazione.
I figli non ci appartengono, nulla ci appartiene ed in questa vita tutto è a prestito, una sorta di comodato d'uso nemmeno troppo gratuito e soprattutto a tempo determinato. Al momento della scadenza non è consentito partire con bagaglio.
Cosa ci appartiene dunque?
Nulla. Il grande, decantato essere umano, senziente e superiore a tutte le altre creature del mondo conosciuto non possiede..nulla.
A parte ciò che di buono può fare qui ed ora.

A provare quanto sopra Rabbia può affermare di aver vissuto la sua vita con una madre "biologica" che (altro modo di dire) "vuol bene a modo suo".
Quest'ultima è un'affermazione ancor più controversa delle precedenti in quanto lascia parecchie domande senza risposta.
Un marito ubriaco che riduce sistematicamente la moglie come un panda vuole bene a modo suo? Un padre che costringe la figlia a rimanere chiusa in casa fino a vent'anni lo fa perchè vuole bene a modo suo? Un padre che non risponde mai alle domande dei figli se non con un SI o un NO,preferendo il telegiornale vuole bene a modo suo?
Qua non si pretendono risposte giuste o sbagliate. Qua conta solo l'opinione di Rabbia e nemmeno lei sa a quale delle due categorie appartenga.

Ovunque la si voglia collocare comunque l' opinione è che voler bene è voler bene.
Non esiste un "a modo mio". Si dice esclusivamente per giustificare il proprio modo di fare quando questo è palesemente errato per non dover compiere lo sforzo di cambiare almeno un poco.
Voler bene significa pensare al bene di chi si ama e non imporre le proprie esigenze con la violenza psicologica o il ricatto subdolo, oppure trasmettere le proprie paure. voler bene significa mettersi nei panni di coloro che amiamo e capire di cosa hanno bisogno veramente. Ognuno di noi è diverso, unico..e non tutti abbiamo bisogno delle stesse cose. Voler bene significa non giudicare mai ed essere sempre sinceri; dare sempre una seconda possibilità a chi si ama ed avere il coraggio di chiedere aiuto e di dire: "Mi dispiace, ho sbagliato".

Ma questo riguarda una persona adulta che, per quanto ignorante, dovrebbe essere in grado di comprendere almeno un poco la differenza tra il "bene del ceffone" e il "bene della carezza".

Ma torniamo indietro, di molti anni.. proviamo a ripercorrere a ritroso la nostra vita, sentendoci rimpicciolire nel corpo e nelle esperienze.. proviamo a tornare a quando le uniche guide nel labirinto del "bene A" e del "bene B" erano i nostri genitori..
Allora la nostra fiducia in loro era totale: forse non possiamo ricordarlo ora, ma c'è stato senza ombra di dubbio un momento in cui la nostra fiducia era totale perchè è naturale che così sia.
Cosa prova un essere fiducioso ed innocente, aperto verso la vita con la incredibile e gioiosa curiosità che solo un bambino può possedere, a sentirsi improvvisamente ed incomprensibilmente tradito?
Forse può non capire subito, continuare per necessità innata di sopravvivenza a dare fiducia al genitore e lasciare che la bruttura subita entri a far parte di una normalità quotidiana. Oppure può rendersi conto subito di esser vittima di qualcosa di terribilmente sbagliato pur non comprendendo appieno e non potendosene sottrarre e crescere in compagnia dell'orribile ombra dei sensi di colpa per non aver soddisfatto le richieste che venivano dall'autorità genitoriale.
In qualunque modo, potete credermi, si cresce male. Si cresce e si sopravvive, certamente, ma il prezzo da pagare è simile a quelle che le finanziarie chiamano ridicolmente "comode rate mensili"... non v'è nulla di comodo nello scontare le molestie subite nel corso della vita, in "comode rate". Ogni rata è una goccia di veleno ed ogni rata spesso è talmente impressa sulla pelle da far si che nemmeno la si senta più.. una parassitosi talmente infetta che togliersela significherebbe strapparsi via anche la pelle viva. Ma se anche tutto ciò non si avverte coscientemente, se ne sentono comunque gli effetti.
Siamo come bambini ciechi e troppo cresciuti.

Riguardo a Rabbia, essa potrebbe guardarvi con occhi pieni d'angoscia da una foto in cui suo padre la tiene in braccio. Rabbia potrebbe sembrarvi una bambolina usata posata sul comò, lo sguardo spento.
Rabbia potrebbe sembrarvi una piccola bimba asociale, collerica e taciturna, curiosa ma sospettosa, senza un minimo di fiducia nella sua specie, pronta ad augurare la morte ad un essere umano crudele, ma a difendere una lumaca minacciata da scarpe guidate da piedi crudeli.
Potreste trovarla accucciata in un angolo, immobile e sporca, mentre tenta di nascondersi al marcio del proprio passato nemmeno tanto lontano.
Rabbia è vissuta con un padre muto e sadico, un gaudente della violenza, avido di parole, di spiegazioni, di affetto. Con una madre satura di paure; una madre da difendere dal padre perchè Rabbia era molto brava a proteggere coloro che amava..forse Rabbia stessa era la madre.
Ma la stessa protezione che Rabbia donava non le è mai tornata indietro. Essa ha sbagliato ad aspettarsi la restituzione del favore.
Essa era sola e nonostante sapesse difendersi con le proprie unghie, i propri denti e la propria lingua affilata, avrebbe tanto voluto almeno per una volta essere protetta, sentirsi custodita, difesa, racchiusa in un bozzolo dove minaccia e dolore non potessero entrare.
Rabbia ha assistito lottando con tutte le sue forze ad infiniti tentativi di distruzione della sua autostima.
'Non ce la farai mai'
'Non ne sei capace'
'Non ti conviene nemmeno tentare'
E' come pestare una mina e cercar di saltare via prima che esploda.

A cosa servono i legami di sangue?
A niente di niente.
Amare è tutto ciò che conta e nè figli, nè animali, nè amici si trovano o scelgono sul banco di un supermercato. Non vi sono svendite, sconti o regali quando si parla di amore.

Perchè Rabbia preferisce le bestie agli esseri umani?
E' ovvio: non è una questione di scelta. E' che proprio non c'è paragone.

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"Ciao nonno cosa fai?"
Silenzio prolungato, la domanda si perde nell'afa pomeridiana.
"Che fai?"
Il piccolo e magro ometto spargeva copiosamente alcool etilico sul piumaggio dei pioppi, che formava una candida e amabile neve estiva sul vialetto. Rabbia vedeva il candore annichilirsi sotto al peso dell'alcool e la bellezza da favola sparire, fuggendo silenziosamente come le centinaia di formiche spaventate, che uscivano dalla loro casa sotto alla neve estiva, nel vano tentativo di proteggere ciò che avevano costruito o comprendere dove fosse il pericolo.
Rabbia, 5 anni e già pelle e ossa, guardava e non comprendeva; rimase zitta, come era già abituata a fare quando ad una domanda a suo padre seguiva l'immancabile silenzio.
Terminata la semina dell'alcool nonnino prese dalla tasca dei pantaloni troppo larghi una scatola di fiammiferi e fece per accenderne uno.
Rabbia comprese e disse:
"No, non fargli male!"
Ma il silenzio avrebbe sortito lo stesso effetto.
Poi tutto bruciava in un fuggi fuggi generale di piccoli esseri neri e l'unico rumore a parte quello delle fiamme era la voce di Rabbia, che continuava a dire "NO" tra le lacrime.
Ma lo sterminio si era compiuto; le suppliche non erano state ascoltate e Rabbia era ancora in piedi sul marciapiede, i sandalini rossi da cui sporgevano le minuscole dita e le narici piene dell' odore acre del fumo e di quello penetrante dell'alcool.
Guardò nonnino camminare ondeggiando soddisfatto verso la porta di casa e lo chiamò. Nonnino si voltò e guardò la nipote per la prima volta da quando era giunta li.
E Rabbia disse:
"Sei una persona cattiva. Quando morirai andrai all'inferno".

Nonnino con quei fiammiferi accendeva almeno 50 sigarette al giorno: morì pochi anni dopo di enfisema polmonare.
Ora è all'inferno.

lunedì 22 giugno 2009

Verità e Vendetta

Benvenuti o bencapitati nello spazio dedicato a ciò che non vorreste sapere.

Prima di iniziare a leggere le verità scomode sappiate che qui NON troverete:

- materiale fotografico riguardante le argomentazioni discusse

- nomi o dati personali di individi presi in esame. Verranno invece adoperati nomi o soprannomi di pura invenzione

- insulti o parole volgari: il tutto sarà espresso nel modo più corretto

- menzogne

Riconosco che il materiale fotografico costituirebbe un grosso incentivo per questo spazio, anzi, una vera e propria bomba ad orologeria, ma ritengo assolutamente necessario far si che la traumatizzante documentazione di cui sono in possesso non finisca in siti frequentati da esseri che provano esaltazione ed eccitazione osservando immagini di crudeltà inferte, immagini di morte e sofferenza, immagini splatter o pseudo pornografiche.
Anzi, consentitemi subito: se qualcuno di questi esseri leggesse per caso queste righe, gli auguro di tutto cuore una lunghissima esistenza satura di dolore e di perdite e una lenta, lentissima morte.

Ultima fase della premessa: questo spazio e tutto quanto sopra riportato viene dedicato agli animali, o animali non umani, ma non solo.
Tutto ciò non è stato ceato per discutere, ma solo per informare, quindi non vi saranno scambi di opinioni di nessun tipo. Qui non vi sarà democrazia: solo le mie parole.
Se avrete il coraggio e l'empatia per leggere e sopportare le realtà scomode, sarà come scoprire che Matrix esiste davvero. In caso contrario..beh, di spazi per chattare o discutere di argomenti frivoli, divertenti o di gossip ce ne sono anche troppi.

Io sono nata arrabbiata, sono cresciuta nel dolore, in questo preciso istante e per il resto della mia vita sarò Arrabbiata. E sapete perchè? No?
E' semplice: basta guardarsi intorno.
GUARDARE veramente.
Per questo il mio nome sarà Rabbia.